Interpretare quello che ci “comunicano” i mercati finanziari non è sempre così semplice e lineare. In passato le “armi” a disposizione degli organismi monetari erano indubbiamente meno “sofisticate” e più “elementari”: oggi, invece, si sono moltiplicate e i loro effetti, spesso, possono essere definiti a “lento rilascio”, come quelli di alcuni medicinali. Ma, evidentemente, non si tratta solo di “armi”, essendo molteplici i fenomeni che contribuiscono all’andamento di determinati asset o dell’economia in generale.
Se guardiamo alla volatilità di questi giorni (ieri, dopo la “batosta” di mercoledì a Wall Street, è stato il turno di alcune piazze asiatiche (vedi Tokyo) e, ad esclusione, di Londra, dell’Europa), sembra che la situazione economica globale sia sull’orlo di una crisi recessiva: gli indici azionari in caduta e, al contrario, il rialzo delle quotazioni obbligazionarie (che comporta la riduzione dei rendimenti) solitamente stanno ad indicare l’approssimarsi di una caduta della crescita. Oltre al farro che si prevede che l’inflazione rallenti ulteriormente.
Indubbiamente, per quanto riguarda l’inflazione, seppur lentamente e con una certa fatica, come più volte ricordato, ci si sta finalmente avvicinando al livello tanto atteso (dalle Banche Centrali e dai Governi) definito “inflazione target”: quel 2% che consente all’economia di prosperare, facendo leva su aspettative mediamente positive da parte di famiglie e imprese, con occupazione stabile, se non in crescita, e consumi che continuano ad essere sostenuti.
Con riferimento alla crescita, se guardiamo ai dati americani (ieri sono stati resi noti quelli relativi al 2° trimestre) parlare di recessione è quanto meno fuori luogo. Il secondo quarter, infatti, si è chiuso “doppiando” il primo e ben oltre le stime. Se nel periodo gennaio-marzo la crescita era stata dell’1,4%, in quello aprile-giugno ha toccato il 2,8% (su base annua), contro previsioni che si fermavano al 2,1%. Con l’indice dei prezzi salito del 2,6% vso il 3,4% del 1° trimestre.
Ben sappiamo come gli USA siano una “storia a parte”, una “storia” che l’anno elettorale rende ancora più particolare. Se da una parte è vero che la FED “non molla” sul tema del rigore monetario (anche se oramai la maggior parte degli analisti ritiene che nell’ultima parte dell’anno ci saranno almeno 2 tagli dei tassi – lo pensa ben l’80% degli intervistati, con il 55% che si spinge sino a 3 manovre), dall’altra la politica espansiva dell’amministrazione Biden è fuori discussione (basta guardare a chi livello viaggia il deficit statale).
Viene difficile pensare che se la prima economia al mondo continua a viaggiare su questi ritmi il mondo vada verso una recessione globale. Il che non significa che, qua e là, non emergano segnali di rallentamenti. Ma come nella vita di ogni giorno l’ansia, se rimane in dosi contenute e, soprattutto, viene gestita, può avere risvolti più che positivi, fornendo forti motivazioni a migliorare il nostro quotidiano, così in economia l’evidenza che il motore comincia a segnalare una certa usura consente di correre ai ripari e trovare le giuste soluzioni. L’atro aspetto che emerge dai numeri che le trimestrali continuano a “sfornare” è che c’è una certa disomogeneità a livello settoriale: se ci sono settori che stanno conoscendo una fase difficile (in primis il lusso) ce ne sono altri (healthcare, difesa) che invece continuano a macinare risultati. Per non parlare dei servizi, forse il maggior “contributore” alla crescita.
Un discorso a parte lo merita la tecnologia, il settore che, anche quest’anno, è maggiormente cresciuto sulla spinta dell’intelligenza artificiale e che ha portato poche aziende a “pesare” in misura sproporzionato sugli indici. Quando le quotazioni crescono così rapidamente, è quasi normale che, in alcuni momenti, scattino le vendite, spesso motivate da numeri ritenuti anticipatori di un prossimo declino. Quello dell’intelligenza artificiale, poi, è un “di cui” ancora diverso: da una parte richiede investimenti colossali (calcolati, nell’ultimo anno e mezzo in circa $ 350 MD, che si stima possano arrivare in tempi non lontani, a circa $ 1.000 MD), dall’altra non tutte le società che operano in quell’ambito saranno in grado, evidentemente, di portare i risultati attesi. Peraltro, guardano al bicchiere “mezzo pieno”, possiamo definire l’AI un “settore di nicchia”, nel senso che è di fatto “occupato” soprattutto dalle grandi società tech, che hanno risorse finanziarie quasi sconfinate e non devono far ricorso al debito per finanziare lo sviluppo. Quindi quello che vediamo un questi giorni rimane, almeno per il momento, rubricato come “normale correzione”, anche se la caduta è stata violenta e temporalmente concentrata.
La giornata “americana” di ieri è stata ancora una volta contrassegnata dalla volatilità, con le quotazioni in altalena: in chiusura hanno visto il segno più il Dow Jones (+ 0,20%) e il Russell 2000 (+ 1,43%), mentre Nasdaq e S&P 500 hanno confermato il momento difficile (rispettivamente – 1,06% e – 0,5%).
L’ultimo giorno della settimana vede i mercati asiatici ancora “sofferenti”, anche se non lontani dalla parità: a Tokyo il Nikkei, dopo essere stato a lungo in territorio positiva, si appresta a chiudere a – 0,53%. A Hong Kong l’Hang Seng è in “altalena” (in questi minuti + 0,05%), mentre Shanghai si trova a – 0,10%).
A Seul Kospi – 0,8%; Sideny + 1%, Mumbai + 0,3%.
Pesante Taiwan: dopo la chiusura per il passaggio di tifone, la giornata ha fatto segnare una caduta del 3,5%.
Segnali positivi arrivano dai futures, che sembrano puntare ad un deciso rialzo in apertura dei mercati europei e americani.
Petrolio stabile, con WTI a $ 78,4 (+ 0,04%).
Gas naturale Usa in leggera ripresa (+ 0,77%), a $ 2,091.
Cerca la risalita l’oro, a$ 2.366 (+ 0,46%).
Spread a 135,7 bp.
BTP a 3,77%.
Bund 2,41%.
Treasury che tornano al 4,24%, dopo una “puntata” verso 4,40%.
€/$ a 1,085, con l’€ in leggerissimo rafforzamento.
Bitcoin di nuovo “in corsa”, ad un passo dai $ 67.000 (66.991).
Ps: quindi questa sera, alle 19.30, tutti a guardare la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici: un evento “colossal”, il cui budget supera i 122ML di euro. Già questo un record, a cui di certo ne seguiranno molti altri. Intanto ne va segnalato un altro: quello del più giovane atleta in gara. E’ cinese e gareggia nello skateboard, sport che si identifica nei giovani. Ma Zheng Haohao (questo il suo nome) è veramente giovane: ha 11 anni e 11 mesi. Buone Olimpiadi a tutti.